Tutti gli articoli di SabrinaGrementieri

Ciao papà.

Quanto può essere ingombrante un’assenza? Quanto può pesare quel vuoto che ti alberga dentro, un macigno di pietra scheggiato che, ad ogni passo, rotola e taglia? Per quanto tempo si può sanguinare prima di perdere del tutto le forze?

Non ero pronta. Non ero preparata a pensare i giorni senza la sua presenza. Incomprensioni, conflitti, silenzi: tutto spazzato via. Nemmeno questo avrei mai immaginato. I genitori sono la nostra palestra di vita. È con loro che iniziano i conflitti, con loro che ci mettiamo alla prova, a loro che vogliamo dimostrare di essere cresciuti e sapercela cavare da soli.

Loro non sono perfetti tanto quanto non lo siamo noi. Ma ci si prova insieme, a percorrere questo cammino terrestre. E anche se non va sempre come vorremmo, sapere che ci sono, da qualche parte, ci dona stabilità.

Ma questo, purtroppo, lo capiamo solo dopo. Mentre andiamo alla deriva, sballottati dalle onde, su un pezzo di legno e senza remi. Ecco, questa è la sensazione: la mancanza di qualcosa, qualcuno,  che ci aiuti a mantenere la rotta.

Dicono che il tempo curi le ferite, lenisca il dolore. So che è così, o almeno so che si impara a conviverci. Ma se così non fosse?  Se quel nodo alla gola che ti attanaglia a tradimento, quando meno te lo aspetti, restasse lì in agguato?

Non ho rimpianti, per quanto non sia stato sempre un rapporto perfetto. Tutto quello che abbiamo vissuto ci ha insegnato molto, soprattutto ad accettarci in modo reciproco per quello che siamo. Però sono arrabbiata. Sono ancora troppe le cose che lui avrebbe voluto vivere. Così come sono tante quelle che avrei voluto raccontargli, mostrargli, condividere.

Ho imparato da tempo a cavarmela da sola. Mi sono costruita una scorza che adesso, però, mi rende difficile sfogare la rabbia con le lacrime. È una camicia di forza che impedisce al dolore di uscire fuori, e così resta lì, a bruciare, a marcire, a riempire il vuoto di veleno.

La morte è l’unica cosa certa della vita, che non fa distinzione di razza, ceto, età. Lo sappiamo fin da bambini che è quella, l’ultima fermata. Ma questo non la rende più comprensibile, sopportabile, affrontabile. Non per me.

Racconto ai suoi nipoti che adesso lui è ovunque: finché lo porteremo con noi nel cuore, ci accompagnerà per sempre.

Spero solo di essere credibile, perché per ora non sento la poesia di questa convinzione.

Ovunque tu sia, papà, tieni un occhio su questa figlia imperfetta e fragile. Che ha ancora tanto da mostrarti. E che ha paura di dimenticare il calore di quell’ultimo abbraccio.